martedì 27 marzo 2012

Ci stanno ammazzando

"Ci stanno ammazzando", mi ha detto l'altro giorno una donna con cui chiacchieravo del più e del meno per passare il tempo. Una tipica madre di famiglia romana, qualche primavera più di cinquanta, due figli maschi, tutta paste al forno e ciambelloni allo yogurt, tappezzerie da rinnovare ogni cinque anni e un lavoro conciliato a singhiozzo con la maternità.
"Vogliono ammazzarci tutte", ha aggiunto per timore che il suo messaggio non mi fosse arrivato in tutta la determinatezza del suo significato. Intenzione. Azione. Oggetto. Mancava il soggetto, ma quello era facilmente deducibile. Mi ha fatto venire i brividi per quanto era semplice e cruda e vera quella frase sulle sue labbra.


In Italia 46 donne sono state uccise dall'inizio dell'anno dall'uomo di casa, una ogni 2 giorni. Se le donne fossero un'etnia parleremmo di genocidio e forse il fenomeno desterebbe maggiore scalpore. Il termine esatto è femminicidio, l'oppressione sistematica di un intero genere, quello femminile. Eppure la violenza e l'uccisione di una donna generano diffuse reazioni solo quando a commetterle sono gli "altri da noi" e possono essere strumentalizzate contro immigrati e musulmani. Invece, dovremmo saperlo, l'assassino ha le chiavi di casa, e non violenta e ammazza per amore e passione, come una cultura che mescola patriarcato e romanticismo vorrebbe farci credere. Ammazza per brama di possesso, senso di superiorità, disprezzo dell'altra, che un intero sistema culturale non solo giustificano, ma alimentano quotidianamente. Un sistema culturale da cui le donne stesse non sono immuni.
Storicamente l'oppressione di un popolo ha avuto termine solo quando i suoi membri hanno preso coscienza di sé e si sono dotati di strumenti di lotta per la propria liberazione. Non diversamente potrà avvenire la liberazione di un genere. Scorciatoie non se ne danno.  

Nessun commento:

Posta un commento